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Cronache Di Una Fenice

by Atropo

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1.
Ogni Fine È 00:55
“Basta un niente e tutto salta tutto tende all’essere distrutto, tutto cambia. Una fenice risorge dalla cenere torna al fuoco per quanto tu la possa uccidere.” [Colle der Fomento – La Fenice]
2.
E Sono 04:14
Il fatto è che non capisco quello che ho dentro quello che sento, quand’è che mento e se questo è peggio o meglio. Se il vuoto che mi riempie adesso è solo un controsenso su cui ridere o se il paradosso in fondo sta nel vivere. O sta nel ventre che brucia come il fuoco eppure è buffo perché è l’acqua che alimenta il rogo. Mi dico sempre: “non forzarti, non sforzarti” mi dico: “scrivi come viene, quali 4/4” Sommozzatori dalle mie parti, è sottocutaneo l’ossigeno dai piedi scende fino al cranio. Profondo come un palombaro o un’alpinista e sotto e sopra i 4000 serve il fiato e non la vista. La mia stanza è un club e mi rattrista fila all’ingresso: ”Fantasma, non entri, ho controllato, non c’è il nome sulla lista” I miei pensieri di sabbia e serate di merda in spiaggia ed anche adesso come allora c’è chi scavalca. RIT X 2 E sono flussi in una stanza, liquidi lenti in pancia il senso di uno sguardo che si perde su una faccia. Traccia e calca, antiruggine al calcare della calca resto zitto mentre il mondo sbraita. E sono dejavu, ricordi, istanti e frammenti cosa sono stato nelle vite precedenti? Ho ucciso me, a volte non reggo agli stenti ma ho corrotto me ed ora non ho precedenti Incidenti incidenti su ciò che mi circonda non mi sento, testa sotto, bacio saffico con l’onda almeno resto fuori dalla baraonda e rischio tutto a costo di restare senza fiato: anaconda Ho seminato l’ombra e adesso chi lo racconta? Ho seminato l’ombra, ma ora è tempo di raccolta tempo di carestia, tempo di magra chiamo a raccolta gli shamani: danza tribale sacra… Haka: piedi dentro il suolo, non mi muovo, mente sola, lingua fuori, taglio della gola. Disseto l’aria, combustione col terreno: humus vero Dammi tempo e fiorirò di nuovo, o almeno spero… RIT X 2
3.
Kairos 03:36
Ecco un altro giorno, proiezioni di fantasmi intorno vestiti a lutto fingono cordoglio sondo il terreno, metto i guinzagli stretti alle mie fiere la lotta tra me stesso e quel senso del dovere niente potere, libertà che oggi si eclissa non basta un segno su una data e che questa mi fissa Dannata elevazione, di contro ecco l’anti-azione ammiro il nuovo stadio, ne annuso l'odore l'orrore si autonutre, divora il mio di dentro il vuoto impercettibile che di colpo ora sento e rasento l'assurdo se mi autoleggo "capo di me stesso" o molto peggio: demiurgo che poi mi chiedo: ad occhio e croce quanto pesa questa carta? sfogliare costa troppo, leggera è questa cassa “Essere è Tempo”, guardo le infami frecce oggi giocherò a shangai: passa le lancette. RIT I can see it all tonight underneath a perfect sky Where the universe revolves around the pupil of an eye And infinities stretch out from infinities within And I'm a part of everything, I'm a part of everything E sono stanco… delle scale da scomporre senza voglia Che per quanto poi ti ingegni le calpesti sempre in coppia Dei tagli sugli slogan pieni di frasi di sorta È ovvio, la mia indole da tempo si è dissolta Sono il pastello nei disegni elementari La terra più spessa del cielo dista ormai due mani I fiumi troppo tondi e le case a-dimensionali Senza che si evinca lo status “ monolocali” Figurati il problema, la rognosa normativa Da adottare e maledire soltanto per non crollare Ed anche l’emozione ormai si valuta in performance Su quanto sia efficiente e al tempo stesso più economica Ed è comica, la metafisica è solo nomenclatura Da posto in biblioteca è diventata armatura Su corpi classe D, pieni di macerie Reliquie per nevrotici e sciacalli di quartiere RIT
4.
Viaggi notturni, un nero accecante nel letto mi muovo col metro, le rime fuori come un getto. Stoffa e sudore, rapporto di scambio in osmosi Cavi e magneti, fratture che ormai son necrosi Il tempo è settato, 8 ore poi torno assetato L’oniro è mancato, o a posta l’hai sublimato? Chiarore nel cubo, ossia quadratura del cerchio Quesiti in repeat, oggi per cosa mi cerco? Oggi diserto, oggi soccombo nel vostro deserto So che un miraggio, un’oasi non basta a un selvaggio Sabbie invitanti, le caviglie che cercano il nucleo Sabbie al contrario, piu’ sto fermo e piu’ sono perduto Venite in soccorso, Imam risali le dune C’è troppa gente e uno scorpione mi segna le lune Mi do lo slancio, il trampolino è un cranio senza cute Chi l’ha lasciato lì chissà quali scuse avrà avuto Contro la fisica, levito e inizia l’ascesa Non c’è altro modo, l’imbuto non molla la presa Mi porto a mezz’aria, con sdegno ora guardo l’abisso È troppo pieno, al contrario degli occhi che fisso Ma quali occhi, cavità con perimetro osseo Cozzano biglie, con cui io giocare non posso Mercanti a due piedi, l’araba lingua nel vento “salviamo i morti”, ma io questa urgenza non sento Militanti di dio forniscono corda di canapa Ci vorrebbe un miracolo, ma qui non siamo ad Aqaba Finale scontato, i morti più immobili e calmi La corda lacera, lo sentono anche senza palmi Gli do le spalle, autosalvato e no non mi lamento Da caldo a freddo in un momento e si che mi sgomento Un turbante tardivo: ecco di cosa mi armo A cosa serve? Ormai la pelle è già sul finto marmo.
5.
Solita rampa, luci lunghe e orizzontali è quasi notte, riconosco il segnale dei “40” rosso e bianco, volto stanco cerchi concentrici si cercano e ballano un tango Multinazionali troppo esose Gilmar mi ricorda che a contare sono “piccole cose” due spirali candidi che infilzano quel vuoto nuovo centro del potere e regnerà l’ignoto. Cielo tra l’elettrico e il cobalto torsione del capo rodata, in sequenza: Bose e Salto di pari passo, testa a testa col filo spinato mi sta di lato, alla sinistra e non l’ho mai guardato. Alle mie spalle il mare, sulla testa nascono scie chimiche Sotto il sedere ho del catrame non mi specchio e non ho brame mentre l’auto scorre e mi rinnovo ad ogni metro che questa percorre. RIT (KAYLA) Le tue vene sono strade, guida piano che qui si cade senza luna in troppe notti piene, adesso dimmi se va bene (se così stai bene) Le tue vene sono strade, respira piano che qui si cade adesso l’alba ti scalda, il cielo ti guarda, senti che calma, la strada ti parla. La conoscenza è acqua, infatti ho sempre sete la differenza è tra metempsicosi e psicosi da mete io non le perdo, ho bene a mente il mio tragitto non per nulla sono in autostrada, proseguo dritto scelta accolta, paura molta gente disinvolta, in testacoda già alla prima svolta chiave di volta, apro le sette note e tengo banco grazie ai fogli, non son banconote sorriso amaro se ripenso all’odio e alla mia vita un bimbo butta giù un aereo con 10 dita ne è pieno il mondo e mi ricordano me stesso e li accarezzo con la mano, sto diluendo il male adesso il mio bene non gli da adito sono diverso e lo è anche il fiume in cui mi bagno disse Eraclito sono felice e ne ho una buona causa ti invito a tralasciare il testo e a cogliere ogni pausa. RIT
6.
E’ tutto buio eppure danzi mica brancoli sento la falce sulla schiena, seguo i suoi rantoli, sono sui trampoli, sto bene in bilico nel vuoto, attivo i sensi: comprensione cosmica ed ignoto respiro azoto più monossido, l’amplesso è tossico il mio risveglio di domani è il futuro più prossimo potrei finirla qui all’istante in un secondo o meno, tanto il lenzuolo è già sul corpo: risparmio sul velo serpi nel letto ed io mi nutro del loro veleno inetto annullo la mia anima: eccesso di Zeno. scalcio furioso per respingere le vecchie squame Cloto alla destra ed è benevola, fila lo stame. Mi fissa infame, tesse trame, vuole il mio intervento le forbici paralizzate , tagliano a rilento. Lachesi è morta già da tempo, son l’unica parca salvo me stesso e in un respiro prendo penna e carta. RIT (“Nel buio tu cammini con me”) Perché ogni notte è meno fredda se sento la tua presenza (“Nel buio tu cammini con me”) Perché son vivo solo se a un tratto il respiro poi si spezza (“Nel buio tu cammini con me”) Perché il tuo abbraccio anche stanotte è l’unica mia certezza (“Nel buio tu cammini con me”) Perché è al cospetto del mio nome che scopro la vera essenza. Vedo la fine e vedo luce, non è un abbaglio Karasu il corvo allunga il filo che io stesso taglio sveglio il mio corpo, punti Trigger ed agopunture il beat che lacera la carne, invito all’hagakure metastasi virtuali, segnale videodrome quanto resisto questa notte? lo misuro in ohm E’ nell’inchiostro che riverso il mio soffio vitale le pagine sono tessuti e ne fuoriesce un alien Respingo il sonno, Nas ha detto… che è mio cugino blocco il respiro col cuscino, sono il mio assassino pallida dama senza forme, non seguo il feng shui e crolla tutto se non smusso i miei angoli bui sorgenti attive e due torrenti solcano il mio viso e con buona pace di Faber non parlo di un sorriso intriso d’oltre questo foglio, valchirie risorte Sono soltanto annotazioni all’ombra della morte. RIT Atropo, Yama, Yamantaka
7.
Note di un piano, malinconia all’ombra di un ciliegio rifletto sulla perpetua Via annoto tutto alla rinfusa, non è poesia il fuoco scopa con l’acqua: chiamala alchimia è questione di notte e giorno, di caldo e freddo di un concetto e la parola che ne esprime il senso di inverno e estate, di bene e male del sole che all’improvviso un giorno si potrà oscurare c’è chi lo chiama Sentiero, c’è chi lo chiama Principio so che è un flusso circolare: doppio emiciclo immutabile e eterno, fluttua tra gli astri dona forma al caos e alla lama della wakizashi è nel mio nome il rispetto che ho per la fine ma oggi sono lucente, all’origine sono incline volgo le spalle all’Occidente, io sono pronto e guardo ad Est: davanti l’alba, dietro il tramonto. (KARAS) Perché comunque c'ho le mani per toccarmi queste piaghe che se non le avessi non farei promesse vaghe cade con le convizioni che c'avevo pioggia sopra il mare mi ci immergo fino alle caviglie, fumo, ''zero pare'' il cielo oggi sembra meno blu di ieri è perché c'ho messo sopra i sentimenti più neri e le foreste sono in fiore coi colori proibiti più nitidi i lividi dopo una guerra tra spiriti raccontami, che sapore ha la gloria? vale più di questo taglio sulla gola? giugulare, giù nel fondo, rosso sangue, gocce amare dopo noi la quiete perché in pace io non ci so stare scende neve in primavera, zero gradi nel mio petto Il fiato manca perché taglio teste mentre aspetto nuova luce del mio sole fino all'imbrunire qua ogni frase scuote l'anima, ora sta' a sentire Cado in errore, mente corrosa distinguo inizio e fine, ma nel ciclo son la stessa cosa. Qui non c'è tempio, respiro il tempo sono clessidra, ma anche i granelli al suo interno. Cammino sulle foglie col mio maestro e non so più da quante vite ormai mi addestro tocco le corde dell'anima e poi le orchestro sai non c'è vela senza albero maestro. L'Essere è il Tao e si ritrae come fosse marea è quel qualcosa che distrugge mentre crea Nel nucleo della terra, sulla cima di un monte è in tutto ciò che vedi, è lo stesso orizzonte. Bacio Gea con i piedi nudi sul tatami, e resto in equilibrio cavalcando gli tsunami ho appreso "l'arte di correre" come Murakami sul versante Est Atropo diventa Shinigami.
8.
La Catarsi 03:23
Questa è la catarsi, riunisco i pezzi di me stesso come ha fatto Ozcar con i “Testi Sparsi” risorgo dalle ceneri, braciere, fiamma, nuove ali completo il tratteggio dei tratti facciali Troppi bivi nel sentiero, troppe trappole ma nella nebbia ho i miei fari che fan da fiaccole densa questa notte a base di condensa e pensa che nel battermi da solo non ho avuto ricompensa. Perché è la prassi o non ti oltrepassi perché l’usura ti sbrana con i suoi tassi Ho conosciuto me stesso, è lì che eravamo rimasti una tessera fa il puzzle: non ci sono incastri. Danzo tra gli astri e vi osservo da sopra il crinale vi abbraccio tutti: paternità equatoriale. La mia rivoluzione, sistema altazimutale battesimo astrale, buco nero, galassia centrale. RIT X 2 I 5 elementi fan da sipario scontro finale, ma tieni a mente: il proprio Io è il primo avversario tsunami silenti fanno da sfondo leggiadro come il vento, gelo nelle membra, rapido e profondo. L’araba nasce e mi alzo in volo come Pindaro rosso vermiglio? No, all’opposto: bambino indaco altro che oro come il nimbo “Prometeo incatenato” mi autolibero e salgo a dar fuoco all’Olimpo E si che vinco, contro me, contro tutti ho mille sogni come scudi: precari e distrutti ad occhi chiusi espando il Chi lungo ogni plesso poi studio il mio nemico guardando nel mio riflesso. Affondo il colpo nello spazio di 7 respiri il sangue sgorga risvegliandomi dai miei deliri resto impassibile, resistenza dei fachiri ma rinfodero la lama nelle viscere: harakiri Sudori urla e le polveri delle vertebre saluto il mio avversario con la mano sulle palpebre rivolgo a me preghiere, sono il mio nume sono chi aspetta sulla sponda, ma anche la salma nel fiume. RIT X 4
9.
“Dovremmo perderci per ritrovarci e poi fidarci, perché c’era la stessa luce ad aspettarci… Ritornando sui passi dei miei fantasmi, angoli bui.” [Deda – Strategie dell’Universo]

about

Atropo - Cronache Di Una Fenice

" Tutti gli esseri sorgono insieme e noi vediamo che ritornano di là.
Quando gli esseri si sono sviluppati, ognuno ritorna alla sua origine.
Il ritorno all'origine si dice quiete.
Quiete significa aver compiuto il proprio compito.
Aver compiuto il proprio compito significa essere eterno."
(Tao, 16)

Registrato da Atropo al Tass0 Studio.
Tutte le tracce sono state mixate e masterizzate da OperaSilenzio,
eccetto la traccia n°7, mixata e masterizzata da Karas.

credits

released February 27, 2014

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Atropo Pescara, Italy

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