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Old Faithful

by Atropo

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1.
Cammino a ridosso della linea gialla, due voci mi dicono: "non oltrepassarla" ... perchè in effetti ci ho pensato spesso, come te d'altronde, come chiunque; il pubblico pagante non manca e c'è chi ha pure timbrato il biglietto. "I treni vanno presi" sono d'accordo. Saltando, seduti, stesi... non fa differenza. Colleziono starnuti di circostanza, saluti di convenienza e il mio vicino che puntualmente prende 3/4 di tavolo e non c'è Cristo che tenga. Anzi mi tenga il posto, composto. Compongo inni alla noia perchè manca una I e la G mi era finita: peccato... mortale. Punto e a capo. Stazione, controllore, argentone e nero inverno sulle dita, si ad agosto. Ho forato la ruota del trolley quindi non torno, chiamo un carro attrezzi funebre così che scorti i miei intermezzi da intercity. La borghesia, il proletariato e la lotte di classe e di scompartimenti, ma viaggio in economy e quindi non ho mai sbagliato. Eppure dalla retta non si direbbe, per non parlare di quelle parallele poi... le ho sempre amate: senza inizio e fine, senza incontri spiacevoli, senza un posto dove andare come gli amanti... orge di cornee tra i passanti e tra i passati, prossimi, come i quinti lunedì del mese. In auge chiese chiuse al posto delle case. L'eterno ritorno dell'ICI sotto i portici. Chiusa una porta ne attraverso un'altra a piedi, la pioggia qui non ha spazi per colpirci e siamo complici. Cammino, nella tasca un cellulare che aumenta il rischio di tumori, peró non fumo quindi in teoria dovrei bilanciare i fattori. La pioggia non mi tocca.
2.
ATROPO Palmi al suolo, tensione al massimo, scarico a terra per riequilibrare le atmosfere del mio sangue. Langue nuovo, fonema, idioma, suono, misuro sillabe in ampere: nessuno mi capisce, indi parlo da solo. Come sempre del resto, verso il dissesto della mia quiete. Rete fatta da me, mi autoconduco nelle segrete… mete perse durante il tragitto, croci per strada: mi vedi sconfitto? No, ma afflitto. Tra l’affluente e il fiume non c’è mai conflitto, convinto. Convivo col silenzio in subaffitto. Sub, zitto. Apnea solare. Non posso respirare l’oro e tutto ciò che lui conduce, se al mondo togli tutti gli elementi, sai, resta solo la Luce. E a me basta, e a te? Siamo nel secolo del buio e questo è il Poignee Griffe di Alabasta. Fissa i principi e fondati su essi e a sera rottama te, prima ancora della casta. RIT (RONNY HOOD) Alla ricerca di quel baricentro Schiavo all’esterno, vittima di un disegno Sdegno nel reggere ‘sti massi come pegno, rimembra è plebe che sorregge il regno Ricchezza, non penso. Faraone all’interno, auro lo sterno, sarcofago custode di un lamento. Schiavo, faraone o star nel mezzo in Eterno equilibrista fra paradiso e inferno. GEGH MURAKAMI Cado nel vuoto, dentro me stesso mi perdo sfiorando l'ignoto Nel maremoto dentro cui affogo cerco la spiaggia di Kafka da Kyoto È come un chiodo (è come un chiodo) fisso intendo Invento o ci tento ma rileggo ed ho il rigetto Contento? non penso, ti sento a rilento, ti cerco di notte, ma qua fuori è tutto spento Me lo ricordo e te lo racconto anzi lo fa la rabbia Che era dicembre ed io ero in spiaggia schiaffeggiato dal vento e la sabbia La memoria è che ti tiene a galla Se se ne parlo io va-vado in palla Come in campo: prendi palla, ti guardi intorno ma non sai a chi darla Me ne rendo conto, ma spiegarlo non è facile È che nella mia testa sono solo quindi diamine Cascate di immagini mi forano la fronte Stanco del tanto niente che incombe Soccombe chi invece si affida a Caronte io il nero, la pece che affonda nell’acheronte. RIT.
3.
ATROPO Fu subito tenebra… e posso dirlo anche se ai tempi non conoscevo ancora la Luce. Polluce e Castore scissi nel grembo di una madre che si concesse senza pudore. Il candore di una nuova forma di vita si perse, in quanto soltanto in due tempi, per adulterio fu concepita su di una galea a largo, quindi sprovvista di alloggi per gli ingegneri del parto. E già da allora si miscelò il sangue ed etichette su provette suggellarono il patto che nessuno strinse, ma che restò in vigore come decreto, dai tempi dell’ambrosia a quelli delle stringhe. Staminali e siringhe come gingilli da succhiare al posto delle dita e fu inaudita la forza con cui una mente fu capace di frantumare in un solo baleno ogni sua sfida… Proprio come Re Mida, che sottomise gli elementi al suo ingordo volere, ma lo fece senza curarsi di fame e sete; per poi pentirsi sotto i loro morsi e sotto quelli del Sapere. Così per par condicio si declassò la linfa infinita del gemello primo, il quale diventò presto carcassa, esattamente come lo diventa il mio corpo quando non scrivo. OPERASILENZIO Avere a che fare con il suono della gente batte in cassa forte e libera questo torrente. Tu corri forte e sicuro, non sii ubbidiente tranne che verso te stesso. Nessuno dopo il niente. Ma oggi no, oggi che gonfio di un bisogno che non parla, ma che piange ancora come se abbandonato sul letto di un fiume, profezia porta sciagure, mancano solo poche lune. Ma continuano ad osservare, uno studio sepolto in un silenzio tombale. Tu continua a chiamare, che altro fare? Temuto da tutti, ancora che temi il male… Lascia fare a chi dell’Oltre ne ha fatto giacca, sereno nella burrasca, assetato, ma senza fiasca. Abbiamo scambiato la connivenza per convivenza: dai, lo sai che era una partita persa in partenza. RIT (Operasilenzio) E cammina ad occhi chiusi, cerco l’abilità di fare il passo, l’ultimo passo, senza fragilità. E continua come se nulla fosse, come se nulla avesse un senso. Ma ora sono solo, mentre capisco che vivo solo me stesso. ARKANTOS Ho troppa sete, datemi da bere! Lacrime di meretrici bagnano le labbra secche Teche colme d'odio riempiranno questo calice, metropoli d'avorio si divoreranno all'apice. La cenere si posa alla base di un vecchio salice, il vento voltale pagine, il tempo ghermisce vittime. Giungono dall'altare viscere da cui attingere; moti da contemplare, ampliando il raggio dell'iride. Credere è limite! Ora abbandono nuovi e vecchi dei; giungono piagnistei, nella città in rivolta ratti e scarabei. Io scaverei il mio fosso... Un corpo deflagrato effluvia! Paradosso del senso: audentes fortuna iuvat. Diametralmente opposti a Numa. Frigge sulla carne cruda, un marchio sulla schiena nuda è un segno che non si commuta! Musa, muta in canto; geometrie nel campo al neon. Lacera un deo dal frenulo al perineo. Ma in fondo che cerchiamo, e nel piano chi siamo?! ...se non polvere di talismano nel palmo di Urano. Dipano nel cranio, matasse dal foro romano; da Amon, la volta notturna è invasa da skylon! sai no? ...siamo il prodotto che il tempo rifiuta, tranquillo, l'agonia è conclusa, che il corvo si nutra! Mutazione in atto. (dal basso la terra m'aiuta) Rinasco dal grembo del granchio: cuore di pulsar... ENOSFERATO Dal basso canti intonano, quello che vibra è intonaco e tremo dal basso stomaco. L’acqua morde rocce, sembra che abbia voce dal timbro atroce anche lei ha la sua croce e 99 nomi come Allah. Abracadabra: a tratti ripercorro la strada su di un ponte che cadrà. Attratto da draghi, in illegali dedali, le gare regali di bradipi brami. Nobody in the place. Titubi. Bitumi e chiome argentee. Eterno feretro roboante in volo perde Aderenza transitando tracotante astrologando Miserabile Visu! Suvvia... Mirabile astro Venus! Caustica, castra totem d’alabastro: metodo devoto a vuoto. Suono sulla quinta musicale, per deformar l’evento, accento del reale, e continuamente lo percuoto. Svuoto laido goro, rime a poco, claudicante flow mammut a fuoco. Alchimista del sangue, cuoco di liquami senza target, gioco a carte con Eliphas Levi. Veleni sull’inettitudine, mi limito a miti con rime hd e cimeli così creo il mio Golem. Cerco la mia eternità in un bisogno che non so definir ma è pieno zeppo di parole… la mia prole è piena zeppa di parole.
4.
Viriditas 02:17
Questo è il punto di non ritorno la fase rem nel sonno l’istante tra la fine e l’inizio di un nuovo giorno. Riordino la stanza per telecinesi, accanto mezzo calice e radici dei monti abruzzesi. Altri vestiti sulla sedia, posti con cura maniacale, quanto basti a vanificare lo sforzo di cercare una pace mentale che eclissi la realtà come un’anestesia peridurale. 2HO sulle ferite e lo sporco che geme di bianco resta come segno di faide concluse. Dolore e amore portano a labbra dischiuse, mercurio cromo-terapia e grafite per le vene occluse. Meditazione nel chiostro a gambe incrociate, crociate sotto il vessillo del comodo vostro. Ho l’attitudine di un monaco in un monastero dedito all’arte erboristica per tramandare il Vero. Grovigli nello stomaco, calore effimero come quando nel buio ti dai forza co’ un fiammifero. Non serve a molto, ma è necessario rischiara il volto…. e in un secondo ogni dubbio si è dissolto. Parto dall’Acqua di Talete come sempre, puntando alla Gnosi del tre volte grande Ermete. Distillo liquidi dagli alambicchi della mente e fondo com’era in principio i 4 elementi passando dai 107. Sette col terzo occhio sulla fronte e non sulla piramide, fase nigredo e poco dopo una crisalide. I-Ching: 5 stadi del mutamento, monade del sottosuolo, illusorio è ogni dissenso. Riabilitiamo Pan, padre del tutto da voi mutato in Satana capro cornuto. Ciò che non capite lo bandite, ma vi assicuro l’Assoluto è il contrario di ciò che dite.
5.
ATROPO Sono Terra in Aria ma tu non mi vedi, Siamo Dio da Sempre ma tu non ci credi, non ti disseti se con gli occhi guardi il cielo ma non punti i piedi. Le vene celesti, dello stesso colore del mare, linfa vitale. Muoio e rinasco ogni giorno, e apprendo da te che non devo tremare. Sono stato sabbia e sono stato pietra La materia precede la forma: nelle tue mani sono stato creta. La folgore, si dice che generi il tuono Ma il gusto, la pelle, l'odore, la luce Se spengo i miei sensi arrivan col suono. KAYLA Accendimi, consumami. Bacia le mie ceneri e poi spargimi, sarò l'albero coi rami oltre i margini Non creo più immagini E stendo le radici per estendermi Oltre i margini.
6.
Sono sveglio: toast, spalmo marmellata al buon umore, buono odore e poi un bicchiere di nebbia allo yogurt… rigorosamente “magro”, anche se in effetti ignoro gli effetti letali di quello “grasso”, agrodolce spremuta di miele, cucchiaio di fiele per la voce. È un toccasana, ti sana il timbro come fosse tè caldo o tisana… sarà, ma preferisco di gran lunga lo zucchero e te? Qua ti chiamano così, ma io resto affezionato al “tu” e infatti a tu per tu con il portiere, palla al piede, io ho sempre segnato. È una questione di distanze tra i corpi, di sogni irrisori, di soli risorti, di tempi morti, del tempo che fa schifo oggi. Ma io posso dirlo, non il telegiornale. Io sono il meteorologo di me stesso e non c’è collega che mi sostituisca e del resto…come potrebbe? Pressioni alte e basse, nuvole, stelle anche di giorno (che poi non lo riconosco se non dormo). La Polare è in alto quando torno. La senti? Come Noe “La mia arte in faccia ai denti”. Ma lo so che si tratta solo di un climax ascendente…toro. Bella questa eh? Mi autocompiaccio. Nello sfacelo ci sguazzo. Tolgo il velo: è divertente, evanescente…credo. Credo in mille “dio padre onnipotente”, o forse in Uno. In ogni caso non gli darei un nome, sarebbe assurdo, sarebbe “Nessuno”. Come andare dall’anagrafe a registrare “il Tutto” o “le cose”. Parentesi graffe, rose sabbiose, cactus, oasi, giraffe. Perdo le staffe. Caraffe contro i clienti, che poi sarei io, quindi questa volta contro i miei denti. Non ci siamo capiti, ho detto: la senti?
7.
Odo il violino e la sua sacra chiave, Musa, fa che non vìolino l’esacerbato altare. Elimino il subliminale: trinitante cerbero danzante ogni parola proferita è altro fiato che sperpero…certo Nuova ferita verso cui convergo, rituale d’iniziazione, detergo dita esili, non la mia anima in cui neanche più credo a braccia incrociate siedo, gli occhi rivolti al cielo cremisi. Fiamme smeraldo le mie nemesi, ciclicità terrena insegue fertili frutti, ma oltrepassando i mesi. Rimando scelsi con cura: cancrena come cura di rimando dirimendo faide interne senza araldo. Arando fuori solco spinale, vedo me incidermi le dermi quindi è lecito chieder: “posso spirare?” Osso spirale come talismano in mano a sospirare, le mie genti: medium silenziosi, pregano Urano. RIT Luce di luna come bisturi, poi chi sutura? Il verbo afono di edipica madre natura? Oscura ratio, trascendo il Limite privo di dazi una mia mano sfiora una mia mano, causando brividi. MIIKE TAKESHI È statuario, pugni sopra i fianchi, non lontano dall’avvicendarsi di corpi nudi mostranti solerzia, nell’ineluttabile inerzia di un organismo che presenzia a se stesso nella sua assenza. E registrava, o cercava, ogni movimento intriso di finitezza ed eternità al contempo. Un ossimoro ed un commento a piè pagina dei suoi appunti: quale umanità sarà umana e quale sarà appunti? Puntava lui, scienziato dell’antropo e del suo agire, all’unità dei dati per le scienze dell’avvenire per venire a una comprensione: il limine tra il mero sentire e la sua sistematizzazione. Ma quanto di perso nella trasposizione era insaputo, quel sudare cosciente era vissuto, intessuto dei presenti autoreferenti che solcavan le verità e il tempo dei sistemi viventi. Ed una figura perfetta circoscriveva le forze ed influenze per gli iniziati e valeva come genesi nuova, nuova nascita, lascito in morte di ciò che precede il sapere e ciò che ne è forte. Ma lui forte non molto, figlio del mondo della causalità cartesiana, del contatto come unico fecondo, fecondò l’uomo al centro, il torace aperto a simbolo-sintomo di un cultuale, un modellare l’incerto. (E ad un tratto il deliquio) Riaprì gli occhi, il mondo, di nuovo, supino, l'osservare opaco di un bambino/ un volto celestino nei suoi intagli, che erano orpelli, dettagli, un'estetica a lui ignara ma mostrarli era fattore di umana fattura, furore di umana frattura e tenore/ in odore di sangue alzò il capo, il corpo nudo dal torace al pube: il disegno del cosmo con le sue carni richiuse.
8.
LESLIE MC Precipito. Mi aggrappo alle corde vocali, rendendo il dolore uno stimolo: Benedizione e Condanna. La manna dal cielo che mi salva dal mio patibolo. Pronta per l'esecuzione, sotto le maniche le cicatrici riaffiorano. Boia dei fogli che logoro. ...E la morbosità oscena che mi lega a loro. Il suono degli animi che scuoto -paro la caduta con le mani a terra - Terremoto. Parlo e nessuno mi capisce: ostrogoto. Io per esprimermi non uso il vostro modo. E me la prendo con le parole che non trovo troppo spesso, 180 inchiodo, coma annesso. Seguo il moto che mi porta ad arrotondare per eccesso. Io… ATROPO L'eco di un tonfo... è il mio corpo a terra, devastato dal contraccolpo. M 40 caricato a inchiostro nero che mi seppellisce oltre il buio, oltre il cielo. Quando scrivo non odo voci (voci), palmo trafitto, ma non sento il chiodo. Quando parlo non vedo croci (croci, amen), una via crucis a cui non mi accodo. Nodo scorsoio altezza pomo, fetore del Bromo gola lacerata dal mio salto proprio mentre ingoio. Mi presento: sono il "de cuius", voi siete i miei eredi e questa è l'arma del delitto e al tempo stesso il B(e)rit(h). E cedi. Acqua che scorre sul capo per conduzione, già sento il graffio di ogni singolo elettrone. Cinghie sui polsi che mi strappano l’anima a morsi e aldilà del vetro una platea persa in mille discorsi.
9.
La Somme 03:19
Che alla fine bisogna tirare le somme, tirare le cuoia… come fossi nel fango a La Somme. Alla gogna le vostre menzogne, vergogne affogate nel cognac. Ma non è il mio caso, evaso dalla quinta prigione, dal decimo braccio, dai dammi un abbraccio: lo pago a pigione. E si che ho ragione a “stare in disparte, né arte né parte”, chi cazzo lo disse? Le hai viste le scritte sui muri, le scritte per terra “vi prego ho due figli”, chi cazzo le visse? “Calma, ci penserà il karma”, ne parlano tutti, ma agendo nessuno ci crede. Di ‘sti tempi si dice il diritto, ma mai chi lo lede. Erede al trono senza spade…conficcate nelle arterie, vene d’acciaio e in questo senso fondo leghe nuove… ma non sul Po’, ma non per poco, ma non per gioco: unzione col fuoco non fatuo, ma sacro…romano impero. Di Kyoto…protocollo… di sicurezza si intende. Cambia il clima… di tensione, in proporzione inversa alle merde. Con qualche moneta salvate il pianeta? Lui ha piani pe’ i nostri domani. Mutarono i geni, collasso embrionale, la terra non diede né frutti né semi. Dai seni sgorgò del polonio Marlboro, dagli occhi del cloro. Il sangue fu piombo in un solo secondo, dai palmi sudore al carbonio. Lingua d’avorio al collo, eterno sonno, galassie nuove che sondo. Già “oltre i margini”, divoro gli argini: esalo, esondo. E lo sfondo? Macerie ruotano in aria, facciate dipinte di lava che sale dal basso scalciando dal ventre di Gaia. È la fine del mondo…come in “Ergo Proxy”: birth control, autoreiv, virus Cogito, città cupola: Romdo.

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" Chi vaga nelle tenebre è alla ricerca della Luce, ma quando vi giunge distoglie gli occhi perché ne è abbagliato. Ne prova perfino dolore; un dolore incolmabile. La stessa cosa vale per la Verità. Un giorno la Luce della Verità ti ustionerà gli occhi e conoscerai il buio eterno e quello sarà il giudizio, sarà il giudizio!"

Che la Luce della Verità possa accecarvi sempre, così da poter vivere nel buio più luminoso che ci sia.

Fuori per Stay Quiet Crew.
Registrato da Atropo al Tass0 Studio e al Room 161.
Tutte le tracce sono state mixate e masterizzate da OperaSilenzio,
eccetto la traccia n°5, mixata e masterizzata da Tess.

credits

released November 9, 2015

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Atropo Pescara, Italy

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